Soggetto
Le scene qui proposte sono tratte dal film del 1967 ‘C’era una volta’, diretto da Francesco Rosi e prodotto da Carlo Ponti. Si tratta di una favola napoletana ispirata a varie novelle tratte da “Il pentamerone del cavalier Giovan Battista Basile, overo Lo cunto de li cunte trattenemiento de li peccerille” di Giovan Battista Basile, letterato vissuto tra XVI e XVII secolo, pubblicato postumo nel 1674 per l’interessamento della sorella dell’autore, la celebre cantante Adriana Basile. Un torneo d’armi tra principi mori e principi cristiani si svolge all’interno del Circo di Massenzio, investito da evidenti attività di restauro durante le riprese della scena.

L’imperatore Massenzio (306-312 d.C.) volle costruire, tra il II ed il III miglio della via Appia Antica, sui resti della villa che Erode Attico e Annia Regilla possedevano nel II secolo d.C., un grandioso complesso residenziale costituito da un palazzo, un circo e un mausoleo dinastico. Nella scena del film i cavalli galoppano attorno alla spina posta al centro dell’arena del circo, sulla quale l’imperatore aveva fatto collocare l’obelisco egizio che Domiziano aveva voluto per il Tempio di Iside in Campo Marzio e che nel 1651 fu spostato sulla Fontana dei Fiumi di Gian Lorenzo Bernini, al centro di piazza Navona. Si vedono le murature che reggevano le gradinate per gli spettatori e la grande tribuna atta a ospitare l’imperatore stesso. Sul finire della scena appare, tra le murature antiche in opera vittata (tecnica muraria che prevedeva l’alternanza di filari di mattoni e di blocchetti di tufo), la splendida Isabella Candeloro (Sophia Loren), popolana del Regno di Napoli che vive di piccoli espedienti.

Regista
Francesco Rosi

Anno
1967

Soggetto
Scena dal film “To Rome with Love”, scritto e diretto da Woody Allen e uscito nelle sale cinematografiche nel 2012. La pellicola, tra i cui interpreti ci sono Roberto Benigni e Penélope Cruz, racconta quattro diverse storie che hanno come sfondo la città di Roma. Uno spezzone è ambientato nella villa dei Quintili sulla via Appia Antica; si tratta dell’episodio che vede come protagonista Jack, studente di architettura, che cerca di non invaghirsi di Monica, migliore amica della sua compagna Sally; John (interpretato da Alec Baldwin), esperto architetto americano, cerca di mettere in guardia il giovane per non farlo cadere in facili tentazioni.

“Non dimenticar le mie parole”, canzone del 1937 del Trio Lescano & Emilio Livi, fa da sottofondo a una macchina che corre sotto l’acquedotto di Claudio nel Parco romano degli Acquedotti, per raggiungere poi i resti della monumentale Villa che i fratelli Sesto Quintilio Condiano e Sesto Quintilio Valerio Massimo possedevano, nel II secolo d.C., tra il V e il VI miglio della via Appia Antica. La Villa entrò a far parte del demanio imperiale allorché l’imperatore Commodo, tra il 182 e il 183 d.C., fece uccidere i due fratelli accusanti di aver ordito una congiura contro di lui. I ragazzi con la macchina fotografica si trovano tra i resti della parte residenziale della Villa, che vede sullo sfondo Monte Cavo (l’antico Mons Albanus), altura caratteristica dei cd. Castelli Romani. Il dialogo con John (Alec Baldwin) si svolge, invece, presso le grandi strutture dell’impianto termale, caratterizzato dall’enorme calidarium, di cui si intravedono i grandi finestroni un tempo chiusi da vetrate, e dal frigidarium che presenta ancora una preziosa pavimentazione di marmi policromi.

Regista
Woody Allen

Anno
2012

Soggetto
Il filmato è tratto dalla commedia a episodi del 1954, diretta da Alessandro Blasetti, Tempi nostri – Zibaldone n. 2, e in particolare dall’episodio “La macchina fotografica” con Totò (Dionillo, il gagà) e Sophia Loren (la ragazza). La scena, girata in studio, ricostruisce un’ambientazione tipica dell’Appia Antica con i caratteristici cipressi e i pini marittimi, molti dei quali piantumati tra il 1909 e il 1913 da Antonio Muñoz, ispettore della Regia Sovrintendenza ai Monumenti, e sullo sfondo gli acquedotti romani e il mausoleo di Cecilia Metella. Totò e la Loren recitano tra ricostruzioni di monumenti antichi, basi di statue, are funerarie e bassorilievi.

La ricostruzione del grande sepolcro, posto alle spalle dei protagonisti, ha sicuramente avuto come modello la tomba di Hilarus Fuscus presso il IV miglio della via Appia Antica. Lo scenografo ha riproposto la facciata in mattoni realizzata dall’architetto e archeologo piemontese Luigi Canina che, tra il 1850 e il 1853, realizzò, per volontà di papa Pio IX, una grandiosa opera di recupero dei primi sedici chilometri della via Appia, rimettendone in luce il tracciato e restaurando molti sepolcri che la fiancheggiavano. Sulla muratura in mattoni antichi, riscostruita dal Canina, sono stati murati diversi frammenti marmorei rinvenuti nei pressi e un grande rilievo funerario ripartito in tre nicchie, con i busti di cinque personaggi ritratti frontalmente. L’originale è conservato nella sede delle Terme di Diocleziano del Museo Nazionale Romano, mentre sull’Appia ne è esposta una copia in cemento. L’iscrizione che riportava il nome di Hilarus Fuscus è purtroppo scomparsa, sorte che è toccata a molti dei frammenti marmorei che Canina aveva esposto sulla strada nel tentativo di offrire un vero e proprio museo all’aperto.

Regista
Alessandro Blasetti

Anno
1954

Soggetto
Nel film “Intervista” del 1987 Federico Fellini realizza una scena su un vecchio “tranvetto” azzurro della STEFER (Società delle Tramvie e Ferrovie Elettriche di Roma) sul quale siede Rubini che interpreta il giovane regista Fellini arrivato per la prima volta a Roma per intervistare ‘una diva’. Il mezzo, dopo aver attraversato via degli Olmi lungo un tratto dell’Acquedotto Alessandrino e superata una torre medievale, raggiunge la via Appia Antica nei pressi del cosiddetto Mausoleo di Casal Rotondo.

Si tratta di un imponente sepolcro a pianta circolare del diametro di circa 35 metri, databile alla fine del I secolo a.C. Intorno al XIII secolo sul grande tamburo, originariamente rivestito da blocchi di travertino, fu edificata una torre forse pertinente a una fortificazione della famiglia Savelli, poi inglobata da un piccolo casaletto, oggi trasformato in abitazione. Accanto al sepolcro Luigi Canina tra il 1850 e il 1853 edificò una quinta architettonica su cui murò frammenti marmorei da lui attribuiti al monumento stesso. Per il ritrovamento di un’iscrizione il grande mausoleo circolare fu attribuito a Messalla Corvino, console nel 31 a.C., a cui lo avrebbe dedicato il figlio Marco Valerio Messalino Cotta. Oggi gli studiosi ritengono che i frammenti marmorei incastonati nella muratura laterizia, sarebbero, piuttosto, da riferire a un altro edificio funerario di minori dimensioni rispetto a quelle di Casal Rotondo. Purtroppo atti vandalici, perpetratisi negli anni, hanno ridotto notevolmente il numero dei frammenti marmorei murati. Fellini immagina delle rotaie lungo la via Appia Antica che permettono al tram, dirigendosi verso il centro di Roma, di raggiungere l’area della villa dell’imperatore Massenzio. Dal finestrino, l’attore Rubini, incalzato dalle parole del gerarca fascista e rallegrato dai sorrisi ammiccanti e divertiti di una giovane ragazza, saluta una donna che scuote un lenzuolo da una finestra di un casale. Si tratta del Casale che i Torlonia costruirono tra gli anni 20 e 30 dell’Ottocento nel punto in cui si trovava l’ingresso monumentale della tomba di Romolo, il figlio dell’imperatore Massenzio, morto nel 309 d.C. nelle acque del Tevere.

Regista
Federico Fellini

Anno
1987

Soggetto
Il brano qui proposto, girato lungo la via Appia Antica, è tratto da La banda degli onesti, film del 1956 diretto da Camillo Mastrocinque con Totò, Peppino De Filippo e Giacomo Furia. I tre amici, venuti in possesso di un cliché rubato, decidono di fabbricare banconote false ma Antonio (Totò), saputo da suo figlio finanziere che la polizia era sulle tracce dei falsari, convince i suoi complici a desistere dall’impresa. In realtà nessuno dei tre aveva avuto il coraggio di spendere una sola delle banconote fabbricate e, datisi appuntamento di notte lungo la via Appia Antica, decidono di allestire un falò per distruggere le banconote false e la valigia con i cliché.

Nella scena finale Antonio Bonocore (Totò), Giuseppe Lo Turco (Peppino De Filippo) e Cardone (Giacomo Furia) si trovano al V miglio della via Appia Antica dove il rettifilo assume un andamento leggermente curvilineo per rispettare le Fossae Cluiliae, il punto che segnava il confine tra il territorio di Roma e quello di Alba Longa e dove sarebbe avvenuto lo scontro tra gli Orazi e i Curiazi. I tre amici, lasciatisi alle spalle un tumulo di età tardo repubblicana, sormontato da un corpo cilindrico in muratura, che la tradizione definisce tomba dei Curiazi, si vanno a sedere presso un monumento chiamato semplicemente “Laterizio I”. Si tratta di un edificio funerario a due piani interamente rivestito in mattoni caratterizzati da un’elegante bicromia. Questo modello funerario tipico del II secolo d.C., è stato interessato dai restauri di Luigi Canina avvenuti alla metà del 1800, che ha murato in facciata numerosi frammenti marmorei, poi scomparsi e nel 1999/2000 reintegrati con travertini moderni che hanno occupato i vuoti lasciati dai furti. Il cancello in ferro alle spalle dei tre “soci” chiude quella che in antico era la cella funeraria del sepolcro. Dietro al falò sono visibili il nucleo in calcestruzzo di un sepolcro circolare su cui si è innestata una costruzione medievale in materiale di reimpiego e, sullo sfondo, il sepolcro “Laterizio I” affiancato da un’altra tomba in cortina di mattoni, sormontata da una torretta medievale.

Regista
Camillo Mastrocinque

Anno
1956

Soggetto
Le scene qui proposte sono tratte dal film del 1963 ‘Il disprezzo’ (Le mépris), diretto da Jean-Luc Godard e tratto dall’omonimo romanzo del 1954 scritto da Alberto Moravia. Lo spezzone proposto, che vede un lungo dialogo tra Brigitte Bardot e Michel Piccoli, è ambientato presso il Casale di Santa Maria Nova, acquistato dallo Stato il 12 aprile del 2006 mediante trattativa privata da una facoltosa coppia americana Elena e Evan Ewan Kimble. La tenuta con il casale si trova presso il V miglio della Via Appia Antica in prossimità della villa dei Quintili. Il legame dei Kimble col mondo del cinema ha fatto si che la loro villa fosse utilizzata come set cinematografico in diverse pellicole, soprattutto negli anni 60 del Novecento.

L’edificio su cui sono ambientate le scene, nasce nella prima metà del II secolo d.C., come conserva d’acqua a servizio del sistema di distribuzione idrica della zona e della Villa dei Quintili; su questa, in età medievale, si è impiantata una torre di avvistamento e, tra il XIII e il XIV secolo, un casale agricolo facente parte del grande patrimonio fondiario gestito dai Monaci Olivetani. Questi nel XVI secolo apportano ulteriori trasformazioni all’edificio realizzando alcune sopraelevazioni e una piccola cappella semicircolare. La villa negli anni ’50 del secolo scorso fu sottoposta a un progetto di ristrutturazione ad opera dell’architetto Luigi Moretti per incarico dell’allora proprietario il Conte Iacopo Marcello. La scena dell’interno si svolge nel grande salone ora utilizzato dal Parco Archeologico dell’Appia Antica per allestire mostre temporanee di fotografia. Il cancello in ferro da cui escono la Bardot e Piccoli è lo stesso oggi utilizzato per accedere al sito archeologico, mentre l’area esterna ha subito alcune modificazioni; alle spalle dei due attori è ben visibile, sulla muratura dell’edificio, la cappella votiva semicircolare voluta dai monaci.

Regista
Jean-Luc Godard

Anno
1963

Soggetto
Questo spezzone molto divertente è tratto da “Attila, flagello di Dio” del 1982. Il film, per la regia di Castellano e Pipolo, si inserisce nel cosiddetto filone trash del cinema italiano degli anni 80 del Novecento. Diego Abatantuono interpreta il re Ardarico che, proclamatosi Attila, marcia su Roma per vendicare il saccheggio dei romani ai danni della sua tribù di Segrate. Esilarante la scena che vede i “barbari” scambiare l’acquedotto che, dalla metà del II secolo d.C., riforniva la Villa dei Quintili per le mura “traforate” della città, secondo loro oramai abbandonata.

L’accordo “monetizzato” tra Romani e “barbari”, per evitare che questi ultimi entrino in città, si svolge ai pedi di Torre Selce. Ci troviamo al VII miglio della via Appia Antica dove si staglia quest’imponente struttura, così chiamata per l’abbondanza della selce impiegata per la sua costruzione, voluta alla metà del XII secolo probabilmente dalla famiglia Astalli. Un grande tumulo funerario del I secolo a.C., sfruttato come basamento, conferisce alla costruzione una straordinaria imponenza e le vergature bianche, per l’utilizzo di scaglie di marmo e travertino, rendeva l’edificio visibile anche da grandi distanze. Da identificare, forse, con la medievale turris de Arcionibus o de Arcione, così chiamata probabilmente in riferimento agli archi del vicino acquedotto dei Quintili, o agli archi di scarico sulla quale è impostata. Fu nota anche come Turris de Sclaceis, nome legato al materiale da costruzione (scilicis = selce). Dagli Atti di papa Innocenzo IV del 1243 e di papa Bonifacio VIII del 1299 sappiamo che la Turris de Sclaceis passò nel 1150 dall’imperatore Corrado III di Svevia ai monaci di S. Gregorio. Nel Catasto Alessandrino del XVII secolo compaiono la merlatura superiore e l’antemurale, oggi non più esistenti.

Regista
Castellano e Pipolo

Anno
1982

Soggetto
Nel brano qui proposto vediamo Richard Burton nei panni di Marcantonio mentre percorre, alla guida di una biga, un tratto della via Latina ora compreso all’interno del Parco delle Tombe della via Latina. Si tratta del film Cleopatra, il colossal americano del 1963, diretto da Joseph L. Mankiewicz nel quale Elizabeth Taylor interpreta Cleopatra, Rex Harrison Giulio Cesare e Richard Burton Marcantonio. Fu il terzo film più costoso della cinematografia mondiale, richiese 44 milioni di dollari e portò quasi al fallimento la Fox. Grandiose sono le scenografie e i costumi: uno dei 65 abiti indossati da Cleopatra venne realizzato a mano con oro a 24 carati.

Il film che racconta gli ultimi anni della Repubblica romana, le guerre civili tra Cesare e Pompeo e tra Antonio e Ottaviano, si incentra sugli amori di Cleopatra prima per Cesare e poi per Marcantonio, per concludersi con il suicidio della seducente regina d’Egitto. Nei pochi secondi che vi mostriamo Richard Burton percorre un tratto della via Latina nel Parco delle Tombe di via Latina passando accanto alla cosiddetta Tomba Barberini che da secoli si staglia intatta con la sua mole in laterizio policromo e che dal 160 d.C. è giunta integra fino ai nostri giorni. Sul lato opposto della strada, abbellita per la finzione cinematografica da numerose statue, si nota un altro rudere: ciò che resta di un probabile ingresso della grande villa di Demetriade e che attualmente si trova fuori dalla recinzione del Parco. Quando fu girata la pellicola questo luogo era, come oggi, una porzione di autentica Campagna Romana con la strada antica, i monumenti, i pini piantumati agli inizi del ‘900, ottimo scenario per ambientare un colossal storico. La scena rappresenta il momento in cui Marcantonio si reca a casa di Giulio Cesare dove incontra Calpurnia, ultima moglie del dittatore, per annunciarle le nozze di suo marito con Cleopatra, sfarzosamente svoltesi, qualche mese prima ad Alessandria d’Egitto.

Regista
Joseph L. Mankiewicz

Anno
1963

Soggetto
Questo brano è tratto da un film del 1961 che segna l’esordio alla regia di Pier Paolo Pasolini. Si tratta di “Accattone”, con una scena ambientata in un tratto della via Appia Antica prossimo a Roma. Nello spezzone l’attore Franco Citti (doppiato da Paolo Ferrari) è seduto presso i bordi della strada in un tratto ricco di presenze archeologiche. Si riconoscono i nuclei cementizi di alcuni sepolcri romani, privi del loro rivestimento decorativo, statue e altre decorazioni marmoree, molte delle quali, purtroppo, scomparse a causa degli innumerevoli atti di vandalismo che la strada ha subito nel tempo.

Nella scena si vede come l’antico basolato romano fosse coperto da uno strato di asfalto che rendeva la storica strada alla stregua di una delle tante vie di percorrenza, aperta al traffico autoveicolare: una macchina passa nei pressi del grande sepolcro a piramide posto in prossimità dell’ingresso della villa dei fratelli Quintili al V miglio. Poco più avanti il Grande Raccordo Anulare interrompeva brutalmente il percorso della Regina viarum, ferita che è stata ricucita nel 1999 quando è stato possibile, con i fondi del Giubileo del 2000, costruire un sottopasso e risarcire, quindi, il tratto eliminato poco prima del 1951 per la costruzione del GRA.

Regista
Pier Paolo Pasolini

Anno
1961

Soggetto
Nel celebre film di Mario Monicelli, Alberto Sordi, nei panni del marchese Onofrio del Grillo, conduce nella sua carrozza un ufficiale francese lungo un tratto dell’acquedotto Claudio e all’interno del Circo di Massenzio. Il regista ambienta molte scene del film nella cornice della Roma storica e non potevano mancare due dei principali monumenti che oggi caratterizzano il territorio del Parco Archeologico dell’Appia Antica: l’acquedotto Claudio e il Circo di Massenzio.

Regista
Mario Monicelli

Anno
1981