Soggetto
Il brano qui proposto è tratto da ‘La dolce vita’, opera del 1960, considerata uno dei capolavori di Federico Fellini, tra i più celebri film a livello mondiale. Inizialmente contestato dalla critica, il film è stato un vero e proprio spartiacque nella storia del cinema italiano, staccandosi per sempre dal filone del Neorealismo, per descrivere la “nuova” Italia che avanzava, aprendosi ai sogni, alle illusioni e alle speranze di una “Dolce vita”. La pellicola inizia col volo di due elicotteri che trasportano in Vaticano una statua del Cristo; la prospettiva dall’alto permette di ammirare una Roma in pieno boom edilizio e alcune delle imponenti presenze archeologiche della città, come i monumentali fornici dell’acquedotto progettato nel 38 d.C. sotto il regno dell’imperatore Caligola e inaugurato nel 52 d.C. dal successore Claudio. Marcello Rubini (Marcello Mastroianni), giornalista che si occupa di servizi scandalistici, segue l’arrivo a Roma dell’attrice americana Sylvia (Anita Ekberg), accolta all’aeroporto di Ciampino da fotografi e giornalisti che formano un vero e proprio corteo fino all’Hotel Excelsior di via Veneto. Il corteo passa sull’Appia Antica, a quel tempo asfaltata come una comune strada per la percorrenza autoveicolare, per raggiungere il grande Mausoleo di Cecilia Metella, edificato negli anni 30 del I secolo a.C. Davanti all’ingresso della Villa dell’imperatore Massenzio, le moderne e lucide autovetture incrociano un pastore col suo gregge, scena che ancora oggi quotidianamente si verifica sull’Appia. Marcello e Sylvia nella loro passeggiata notturna, a bordo di un’elegantissima Triumph TR3 cabriolet, tornano sull’Appia Antica, presso il V miglio, e si fermano in un tratto dell’attuale via Pompeo Licinio, lungo un’antica muratura realizzata in blocchi parallelepipedi di tufo sovrapposti: si tratta, probabilmente, dei resti di un ustrinum, luogo dove, in età romana, avvenivano le cremazioni dei corpi.

Regista
Federico Fellini

Anno
1960

Soggetto
‘Rappresaglia’ è un film del 1973 diretto dal regista George Pan Cosmatos, nato a Firenze da famiglia greca. La pellicola, con Richard Burton (tenente colonnello Kappler) e Marcello Mastroianni (padre Antonelli), ricostruisce, sulla scia del libro “Morte a Roma” di Robert Katz, gli eventi dell’attentato partigiano di via Rasella e della successiva rappresaglia nazista nota come eccidio delle Fosse Ardeatine che vide, il 24 marzo del 1944, la morte di 335 civili e militari italiani, prigionieri politici, ebrei o detenuti comuni.

Una colonna di mezzi pesanti tedeschi, carichi di vite destinate alla morte, percorre la via Appia Antica; si riconoscono i grandi monumenti funerari in laterizio del V miglio. Porta S. Sebastiano, uno dei principali punti di accesso alle Mura Aureliane, ridotta a un solo fornice in occasione dei rifacimenti operati nel 401-402 d.C. per volere dell’imperatore Onorio; il cosiddetto Arco di Druso che le fonti antiche ci dicono essere stato eretto nel 9 a.C. in onore di Druso maggiore, cioè Germanico, figlio di Livia e figlio adottivo dell’imperatore Augusto, utilizzato tra il 211 e il 216 d.C. per sostenere l’acquedotto Antoniniano (un ramo dell’acqua Marcia) che alimentava le Terme di Caracalla e divenuto, nei primi anni del V secolo, la controporta del cortile di sicurezza dell’antica Porta Appia. Il passaggio dei camion lascia intravvedere numerosi frammenti marmorei, resti di monumenti funerari, molti dei quali posti sui margini della strada da Luigi Canina che, tra il 1850 e il 1853, scavò e restaurò un lungo tratto della via realizzando un vero e proprio museo all’aperto. Tra questi la macchina da presa inquadra un’epigrafe che ricorda Lucio Aurelio Diophanto, liberto di un certo Glabra, e la sua nobile moglie Titinia (LARELLIO GABRAI.L / DIOPHANTO / TITINIAI NOBILI / UXSORI).

Regista
George Pan Cosmatos

Anno
1973

Soggetto
Il brano proposto è tratto dal film di Federico Fellini ‘Roma’, del 1972. Si tratta di una sorta di documentario fantastico nel quale la Roma fascista degli anni ‘30 e quella degli anni ‘70 del XX secolo sono raccontate a blocchi di sequenze autonome, procedendo da un soggetto all’altro senza transizione, in cui l’esperienza autobiografica del regista trasfigura in modo visionario la realtà. La pellicola è un ritratto brioso e visionario di Roma, attraverso i ricordi di un giovane provinciale che arriva in città poco prima della seconda guerra mondiale. Una visione della città che ci fa viaggiare in luoghi impensabili attraverso lo sguardo di Fellini.

In questa Roma non poteva mancare l’Appia Antica, parte costituente della città. Lo spezzone in questione si apre con un’immagine notturna del cosiddetto arco di Druso, in primo piano, e di una suggestiva Porta San Sebastiano, l’antica Porta Appia del circuito delle mura che l’imperatore Aureliano iniziò a costruire a partire dal 271 d.C.. Nella sequenza successiva la cinepresa scopre il monumentale mausoleo di Cecilia Metella, simbolo dell’Appia. Il monumento fu costruito negli ultimi decenni del I secolo a.C. per celebrare una ricca e influente nobildonna romana, imparentata per nascita e per matrimonio a due tra le famiglie più in vista della Roma repubblicana: i Metelli e i Crassi. Quinto Cecilio Metello, il padre di Cecilia, fu console e ricevette il cognomen “cretico” per aver conquistato l’isola di Creta; il marito era probabilmente Marco Licinio Crasso, membro con Cesare e Pompeo del primo triumvirato istituito nel 59 a.C.. Lo spezzone si chiude con una scena che sull’Appia era facilmente visibile prima del risanamento portato avanti, dalle istituzioni statali, a partire dagli ultimi anni del XX secolo.

Regista
Federico Fellini

Anno
1972

Soggetto
Il brano proposto è tratto da “Che fine ha fatto Baby Jane?”, pellicola del 1964 nata come parodia del thriller psicologico del 1962 con Bette Davis e Joan Crawford. Nel film, accreditato al regista Ottavio Alessi ma in realtà diretto in gran parte da Paolo Heusch, Totò e il fratello Pietro (interpretato da Pietro De Vico, sublime spalla comica) rubano una valigia alla stazione Termini di Roma e vi scoprono un cadavere. Durante il tragitto in macchina per abbandonare la valigia, prendono a bordo due autostoppiste con una valigia simile alla loro e le accompagnano nella villa dove le ragazze sono ospiti. Si tratta del casale di Santa Maria Nova, al V miglio della via Appia Antica, oggi con accesso dal civico 251 di via Appia Antica.

Il casale, dal 2006 proprietà dello Stato, è stato più volte utilizzato come set di film soprattutto perché allora proprietà dei produttori cinematografici americani Elena e Evan Ewan Kimble. La scena all’esterno del casale mostra alcuni cambiamenti avvenuti in questo tratto di campagna romana dagli anni Sessanta del secolo scorso a oggi e offre una panoramica sulla struttura edilizia della villa, ricca di fasi costruttive: dalle murature di una cisterna del II secolo d.C., alla torre medievale, alla trasformazione in casale agricolo dei Monaci Olivetani, di cui si vede l’inserimento di una piccola cappella votiva semicircolare, fino alla trasformazione novecentesca in civile abitazione. La scena dei fumatori di marijuana si svolge all’interno della villa, in quel grande spazio che il Parco Archeologico dell’Appia Antica oggi utilizza per l’allestimento di mostre temporanee. Alla fine della storia anche Totò assumerà della droga che lo farà uscire pazzo e, dopo raccapriccianti e sadici assassini, lo condurrà in manicomio.

Regista
Ottavio Alessi

Anno
1962

Soggetto
Il brano proposto è tratto da ‘La grande bellezza’, film del 2013 diretto da Paolo Sorrentino, la cui sceneggiatura è stata scritta dal regista assieme a Umberto Contarello. Può essere considerato un vero capolavoro della cinematografia mondiale avendo vinto il Premio Oscar come miglior film straniero, il Golden Globe e il BAFTA nella stessa categoria, quattro European Film Awards, nove David di Donatello e cinque Nastri d’Argento.

Il Parco degli Acquedotti, a Roma tra la via Tuscolana e la via Appia, è la location in cui il regista ha ambientato una delle scene più ironiche e ciniche del film. La quinta presso cui si svolge la scena è costituita dalle monumentali arcate dell’acquedotto passato alla storia col nome di Claudio, l’imperatore che lo ha terminato e inaugurato nel 52 d.C. ma che, in realtà, fu progettato e iniziato da Caligola nel 38 d.C. Sulla sua sommità due condotti idrici sovrapposti sfruttavano le sorgenti situate nella Valle dell’Aniene, uno per portare a Roma l’acqua Claudia, l’altro per condurre l’acqua dell’Anio Novus. Presso le poderose arcate realizzate in blocchi parallelepipedi di tufo per un’altezza di circa 28 metri, si svolge la performance di una body artist nuda, Talia Concept (Anita Kravos), con il capo coperto da un velo trasparente. Alla scena assistono diversi spettatori, tra cui Jep Gambardella (Toni Servillo), sdraiati sull’erba di quello che oggi è un meraviglioso parco pubblico.

Regista
Paolo Sorrentino

Anno
2013

Soggetto
‘Nerone’ è un film del 1976 diretto da Mario Castellacci e Pier Francesco Pingitore, con Paolo Stoppa, Enrico Montesano, Maria Grazia Buccella, Paola Borboni, Paola Tedesco. Divertente parodia dell’ascesa al trono imperiale di Nerone, l’imperatore romano che regnò dal 54 al 68 d.C., non ricevette apprezzamenti dalla critica che definì l’opera come “uno scombinato tentativo di rivalutare, in chiave pseudo-comica, l’imperatore Nerone”. Contestato dai cristiani, inviso al Senato, osteggiato da sua madre Agrippina, il povero Nerone viene interdetto e rinchiuso in manicomio, ma alla fine riesce a mandare all’aria il complotto di Seneca nei suoi confronti e, spacciandosi per Gesù, a indurre Pietro a rinunciare ai suoi propositi rivoluzionari. Lo spezzone, che vede protagonisti Nerone (Pippo Franco) e il Roscio (Bombolo, pseudonimo di Franco Lechner), si svolge all’interno del Circo di Massenzio sulla via Appia Antica.

L’imperatore Massenzio (306-312 d.C.) volle costruire, tra il II ed il III miglio della via Appia, un grandioso complesso residenziale costituito da un palazzo, un circo e un mausoleo dinastico. Nella scena si vedono i resti delle murature che dovevano reggere le gradinate dell’impianto. In questo luogo Massenzio fece trasferire l’obelisco egizio che Domiziano aveva voluto per il Tempio di Iside in Campo Marzio e che nel 1651 fu collocato sulla Fontana dei Fiumi di Gian Lorenzo Bernini, al centro di piazza Navona. Il secondo spezzone vede l’incontro di Vinicio (Piero Santi) e la cristiana Licia (Paola Tedesco), l’amore dei quali prevale sulle crudeli persecuzioni neroniane.

Regista
Mario Castellacci e Pier Francesco Pingitore

Anno
1976

Soggetto
‘Er Più – Storia d’amore e di coltello’ è un film ispirato alla figura di Romeo Ottaviani, famoso bullo romano detto “er Tinèa” o “er più de Trastevere”, vissuto a cavallo tra Otto e Novecento. Nello spezzone qui proposto assistiamo a un brindisi, a conclusione di una battuta di caccia alla volpe, all’interno di uno degli ambienti delle monumentali terme della Villa dei Quintili. All’improvviso scoppia una vera e propria sassaiola tra due fazioni di bulli romani. Nino Patroni, Er Più di Borgo (Adriano Celentano), con un amico e con il cognato Antonio Cerino detto “Totarello” (Ninetto Davoli), sono costretti alla fuga rincorsi da una muta di cani. Durante la rocambolesca ritirata i tre attraversano il giardino della villa, compreso tra la parte residenziale e l’ingresso posto sulla via Appia Antica, attraversano le arcate dell’acquedotto che alimentava la grande tenuta, per poi entrare in una cisterna di raccolta delle acque e tuffarsi infine in un piccolo stagno. Visibile ancora oggi, lo stagno riveste un notevole interesse naturalistico perché nei pressi crescono piante piuttosto rare nell’area romana quali l’Angelica, la Pastinaca, l’Altea e la Lisimachia. Lo specchio d’acqua è da secoli legato all’immaginario del V miglio dell’Appia Antica ed è immortalato in stampe e disegni già dal ‘500. Si tratta in realtà di una piscina artificiale sommersa, alimentata da un complesso sistema di pozzi e cisterne. La scena si conclude presso il monumentale ninfeo che fiancheggiava l’ingresso della Villa dei Quintili accrescendo la maestosità del complesso con grandiosi giochi d’acqua. Sulla struttura romana, fortificata in età medievale, si arrampica Er Più, per poi cadere rovinosamente sotto gli occhi di Rosa Turbine (Claudia Mori).

Regista
Sergio Corbucci

Anno
1971

Soggetto
La scena qui proposta è tratta dal film del 1913 ‘’Quo vadis?’’. La pellicola in bianco e nero, di Enrico Guazzoni, è tratta dall’omonimo romanzo storico dello scrittore polacco Henryk Sienkiewicz. Il muto lungometraggio è considerato uno dei primi kolossal della storia del cinema. Sensazionale, per l’epoca, fu l’inserimento nel cast di migliaia di attori e innumerevoli comparse. Tra gli interpreti principali ricordiamo Amleto Novelli (Vinicio), Gustavo Serena (Caio Petronio), Lea Giunchi (Licia), Amelia Cattaneo (Eunice), Carlo Cattaneo (Nerone), Bruto Castellani (Ursus).

Complesse e innovative scenografie riproducevano l’antica Roma ai tempi dell’imperatore Nerone, con effetti spettacolari. Nella breve sequenza qui proposta, accompagnata dalle note del Preludio in mi maggiore di Johann Sebastian Bach (dal Clavicembalo ben temperato, vol. II, BWV 878), riconosciamo san Pietro in fuga da Roma per evitare il martirio, accompagnato da Hazarfus. L’apparizione di Gesù, lungo la Via Appia, nei pressi delle catacombe di San Callisto, lo induce però a tornare in città e accettare il martirio. Sul luogo del leggendario incontro sorge oggi la piccola chiesa del ‘’Domine Quo Vadis’’, rifacimento seicentesco di una cappella del IX secolo. All’interno dell’edificio è custodita una lastra che riporta le supposte impronte dei piedi di Gesù (copia di una lastra originale conservata presso la basilica di San Sebastiano fuori le mura). Si tratta, in realtà, di un ex voto pagano: l’offerta di un viaggiatore al dio Redicolo prima della partenza per un viaggio, o dopo il fortunato ritorno.

Regista
Enrico Guazzoni

Anno
1913

Soggetto
La scena è tratta dal film del 1981 “La pelle” di Liliana Cavani, tratto dall’omonimo romanzo autobiografico del giornalista, scrittore e ufficiale Kurt Erich Suckert, in arte Curzio Malaparte. Il film descrive gli orrori e gli eccessi della Napoli del 1943-1944, tra le miserie e le macerie di una città appena liberata dall’occupazione nazifascista. Nello spezzone proposto vediamo l’arrivo degli americani a Roma, il 4 giugno del 1944: soldati e mezzi della V armata percorrono il tratto monumentale dell’Appia Antica, dove Marcello Mastroianni, che interpreta lo scrittore Malaparte, fa da cicerone agli alleati e illustra, con larga fantasia, al generale Mark Cork (Burt Lancaster) le presunte sepolture di personaggi famosi che si affacciano sul celebre tratto stradale. La colonna si ferma presso il mausoleo circolare detto Casal Rotondo, per proseguire verso il mausoleo di Cecilia Metella.

Era uso da parte dei romani collocare le sepolture fuori dalla città e lungo i margini delle strade in modo che il passante potesse, nell’ammirare i sepolcri, leggere le iscrizioni funebri e far rivivere il ricordo del defunto. Avere la propria tomba su un’arteria stradale importante come l’Appia era segno di prestigio e la monumentalità della sepoltura evidenziava ai passanti lo status sociale della famiglia che ne era proprietaria.

Regista
Liliana Cavani

Anno
1981

Soggetto
Le scene sono tratte dalla commedia del 1961 “Sua eccellenza si fermò a mangiare”, che rappresenta l’ultimo film di Totò diretto da Mario Mattoli. L’opera è stata rieditata nel 1967 col titolo “Il dottor Tanzarella, medico personale del… fondatore dell’Impero”. A bordo di una raffinata Lancia cabriolet Ernesto (Ugo Tognazzi), il dott. Biagio Tanzarella (Totò), Silvia (Virna Lisi), Lauretta (Lauretta Masiero) e la contessa Clara Bernabei (Lia Zoppelli) raggiungono un’elegante villa sulla via Appia Antica.

Si tratta del Casale di Santa Maria Nova, al V miglio della via Appia Antica, acquistato dallo Stato nel 2006 dai coniugi Kimble e oggi uno dei luoghi del Parco Archeologico dell’Appia Antica, visitabile assieme alla Villa dei Quintili, con cui costituisce un unico complesso archeologico. La ripresa esterna, che mostra lo stato di conservazione della struttura nei primi anni ‘60 del Novecento, mette in evidenza le diverse fasi edilizie della costruzione: in origine un edificio romano del II secolo d.C., forse una cisterna a due piani, sul quale in età tardo antica si è impiantata una torre difensiva. La struttura tra il XIII e il XIV secolo è stata trasformata in un casale agricolo gestito dai Monaci Olivetani, inserita nel ricco patrimonio fondiario della Chiesa (Patrimonium Appiae), per poi divenire, nel Novecento una civile abitazione. Divertente la sfilata, ai piedi del Casale, della Gioventù Italiana del Littorio con quattro giovani Balilla ai tamburi, la squadra delle Giovani Italiane e due immobili carabinieri in una elegante e austera alta uniforme. Dietro la porta a vetri, visibile nella scena, si apre il piano terreno del complesso monumentale, oggi arricchito da pannelli che illustrano la storia del luogo. La scala che si apre sulla destra conduce ai piani superiori, oggi utilizzati come spazi espositivi per mostre temporanee.

Regista
Mario Mattoli

Anno
1961